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martedì 19 gennaio 2010

MILANO - Si ferma subito il rilancio di Brera


BONDI E GELMINI: IL PROGETTO ENTRO DUE MESI. LA RUSSA: RILANCIO NECESSARIO, BASTA PREGIUDIZI
Si ferma subito il rilancio di Brera
Tre ministri e il sindaco: via libera al trasloco. Ma il cda: non se ne parla. Docenti e studenti: Mazzotta si dimetta

La road map del progetto Grande Brera s’interrompe subito, nello stesso giorno in cui arriva il via libera del sindaco e del governo. Vertice a Palazzo Marino, ieri. Ci sono Letizia Moratti, i ministri Mariastella Gelmini (Università), Ignazio La Russa (Difesa), Sandro Bondi (Cultura) e il commissario Mario Resca. Dicono: «Si è trovato pieno accordo sull’iter da seguire» per trasferire l’Accademia nell’ex caserma di via Mascheroni (dove «potrà godere di spazi adeguati amantenere il proprio ruolo di prestigio») e consentire l’ampliamento della Pinacoteca nel palazzo storico di via Brera (l’obiettivo è «un’istituzione capace di competere con le altre grandi realtà museali del mondo»). Sembra fatta, è la svolta. Dura un niente. Nelle stesse ore, il Cda dell’Accademia consegna una lettera di fuoco alla Gelmini in cui denuncia «l’insanabile frattura tra l’operato del presidente Gabriele Mazzotta e le indicazioni del consiglio in merito al problema della sede» e «all’unanimità dichiara la sfiducia nelle successive azioni che il presidente intraprenderà in merito al trasferimento e ne domanda al ministro la revoca del mandato». Direttore, docenti e studenti non accettano il trasloco e vogliono la testa di Mazzotta, sponsor della caserma. Lui risponde: «Do fastidio. Non mi dimetto. Solo la Gelmini può chiedermelo».
Rissa a Brera. Il progetto di «rilancio» continua a dividere nonostante l’intesa del novembre 2008, l’affidamento del restyling del museo all’architetto Mario Bellini e la nomina di Mario Resca a commissario straordinario. Italia Nostra, il Fai, storici dell’arte e soprintendenti lo sostengono; Dario Fo (tra gli altri), sindacati e studenti lo contestano. «Nessuno manda via nessuno, vogliamo una grande Accademia e una grande Pinacoteca» assicura Resca: «Il mondo della cultura aspetta una svolta da trent’anni. Si faccia sentire». La legge speciale gli assegna poteri da Protezione civile e inserisce Brera nelle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia: «L’obiettivo è aprire i cantieri nel 2011 e chiudere per l’Expo». Il piano di fattibilità sarà pronto in 60 giorni. Quanto alla lettera, la richiesta alla Gelmini pare anomala: la revoca del mandato è procedura attuabile solo in caso di gravi irregolarità amministrative o contabili. Così Mazzotta: «Sono scomodo perché voglio ridare vita a un’istituzione moribonda. Aspetto indicazioni dal ministro». Gli ostacoli? «Io sono fiducioso» risponde La Russa. Solo chi ha pregiudizi ideologici o atteggiamenti dettati dalla pigrizia può opporsi al progetto». Brera è «potenzialmente» un museo straordinario, per la Moratti, ma «non riesce a esprimere le sue potenzialità». E Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio: «La Grande Brera è un investimento importante sul futuro di Milano».



Eppure. I ministri dichiarano «grande attenzione all’Accademia», ma la rassicurazione non zittisce la protesta. Lo scontro, nelle Belle arti, è totale: il consiglio ha isolato il suo presidente. «Abbiamo Palazzo Citterio e Palazzo Cusani, vuoti, in via Brera. Ci diano quelli. Gli spazi della caserma Magenta non sono idonei» attacca il direttore Gastone Mariani. Il progetto elaborato da Mazzotta costa 1,2 milioni di euro: l’Accademia cede 3 mila metri quadri alla Pinacoteca nella sede storica, ma ne conserva 2 mila e ne trova altri 12 mila in via Mascheroni (tra edificio principale, archivi, ex panificio militare e giardino edificabile). Dopo la lettera del Cda, l’assemblea dei docenti e la consulta degli studenti si preparano a sfiduciare Mazzotta: «Non ci rappresenta».

Armando Stella

Dal Corriere della Sera

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ancora con Brera? Ma come la vogliono gli studenti, io non l'ho ancora capito.

Anto