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giovedì 15 ottobre 2009

ROMA - il Maxxi, Un fluido interrotto da lampi di luce


VISITE CON PRENOTAZIONI DAL 1 NOVEMBRE
Un fluido interrotto da lampi di luce:
è il Maxxi di Zaha Hadid
Anteprima alla stampa del nuovo capolavoro dell'architettura mondiale, visitabile dal 14 novembre

Tra un mese, lady Zaha Hadid, uno dei più celebri architetti al mondo, sarà di nuovo a Roma. Per presentare in anteprima alla stam pa la sua «creatura», quella Maxxi meraviglia — Museo delle Arti del XXI secolo — ormai compiuta nel vasto isolato compreso tra via Ma saccio e via Reni, quartiere Flami nio. Degli esterni, ben visi bili anche dalla strada, si sa ormai tutto: là do ve c’erano le caserme, svetta ora uno dei capo lavori dell’architettura mondiale, opera prodi gio per tecnica e fanta sia creatrice, voluta dal ministero per i Beni Cul turali e realizzata dalle imprese italiane Cerasi e Navarra.
Ancora top secret in vece gli spettacolari spa zi interni, giunti ormai a compimento, per i quali l’ archistar an glo- irachena ha posto un severo embargo di notizie fino alle visite in anteprima che si potran no fare il 14 e 15 novem bre (dalle 10 alle 13, pre notabili dal 1 novembre all’indiriz zo edumaxxi@darc.benicultura li.it; già centinaia le richieste, ma dalla Fondazione Maxxi conferma no che le prenotazioni saranno pre se in considerazione solo a partire dalla data indicata). In quei giorni (il 14 alle 21 e domenica 15 alle 16 e alle 21) gli spazi si animeranno an che grazie alla coreografia creata da una star internazionale della danza, Sasha Waltz, progetto in col laborazione tra Maxxi e Fondazio ne Romaeuropa. Sale dunque la «febbre» per ve dere questo museo che aprirà defi­nitivamente al pubblico nella pros sima primavera.

Ed eccoli, qui de scritti in anteprima, gli attesissimi spazi interni: spettacolari (pur nel la loro semplicità quasi austera) fi nanche nell’arredo dei bagni, con pareti nero-lucide e sanitari di desi gn in acciaio satinato. Una sinfonia in tre colori: bianco, grigio, nero. E in tre materiali: cemento (trattato come superficie artistica, che vive di vita propria, come un monolite, senza giunti esterni visibili, cosa di cui si è raccomandata più volte la Hadid), acciaio e vetro. Varcare la soglia del museo è già un’emozio ne, con lo spazio immediatamente percepito come opera d’arte in sé, al di là della sua funzionalità (peral tro di altissimo livello: per fare so lo un esempio, il sistema di tendag gi è filtrante o oscurante per le gal lerie espositive, con possibilità di luce naturale; le griglie sono orien tabili in base all’irraggiamento, e pannelli brise- soleil si muovono in base a impostazioni di tempo rego labili, restituendo un filtraggio stu diato che diventerà una risorsa per i curatori delle diverse mostre).
Molti gli elementi che caratteriz zano la struttura, che si sviluppa in gran parte in modo fluido, con una continuità di attraversamento che evoca forme organiche (come in certe sculture di Moore o Arp) ma che un po’ a sorpresa viene poi «in terrotta » da «asole» di luce, grandi vetrate che tagliano verso l’ester no: ve ne è una, ad esempio, nella parte espositiva che letteralmente si aggancia a ciò che resta del vec chio edificio preesistente (la caser ma, rivista e corretta) e un’altra — da vertigini — a far da calpestio nella parte più scenografica del l’edificio, il corpo aggettante a 20 metri di altezza, proteso nel vuoto e interrotto da una grande vetrata.

Il pavimento di quest’area espo sitiva (sono cinque in tutto) è in sa lita, e l’asola trasparente su cui si cammina affaccia direttamente sul pianterreno. Per arrivare fin quas sù si attraversa quello che familiar­mente la Hadid ha ribattezzato il «Canyon», un camminamento so speso, stretto, piuttosto scuro, do ve ci si sente quasi compressi pri ma di una vera e propria esplosio ne di sua maestà la luce. Altri ele menti caratterizzanti: il nastro lu minoso che corre lungo tutto il pe rimetro e la spettacolare scala di ac ciaio verniciato nero, vera opera d’arte montata lastra per lastra con tecniche artigianali e un percorso che curva, piega, torna su se stes so, disegnando un circuito di luce grazie al telo pvc retroilluminato.
La Hadid e il suo studio hanno curato tutto nei minimi dettagli, come si addice a una grande firma dell’architettura (e il risultato è lì: un’edificio non da opera lirica, ma di un’eleganza che evoca piuttosto un capolavoro jazz): pavimenti bianchi in resina, montacarichi vi sibili per trasporti di grandi opere, geometriche poltrone a incastro nell’auditorium (nere, elegantissi me). Di mano di Zaha anche i ban coni a forma ellittica per l’acco glienza, ancora da montare al pia no terra. Qui troveranno posto an che una piccola libreria e un caffè. Tutto il resto (ristorante, book-shop, uffici, servizi), per non gravare sulle superfici espositive, sarà invece collocato nella parte re cuperata delle ex caserme

Edoardo Sassi

Dal Corriere della Sera - Foto c-monster.net

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