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mercoledì 15 luglio 2009

BOLOGNA - Porta Europa

LA NUOVA BOLOGNA


Dal «Matitone» a Porta Europa
Il quartiere-ponte lungo 25 anni
Ieri si chiamava «Città domani»: oggi unisce il Navile e il San Donato (e divide i critici)




Spazi aperti fatti di campi incolti, orti abusivi, discariche, aree aziendali dismesse. Un salto indietro nel tempo di quindici anni riporta alla mente così i dintorni della Fiera, tra via Stalingrado, via della Repubblica e via della Liberazione: un ibrido tra due quartieri, il San Donato e il Navile, in cerca di identità. Oggi, è tutta un’altra città — piaccia o non piaccia — fatta di metricubi su metricubi di mattoni, frutto di un’intensa opera di urbanizzazione non ancora conclusa.

IL SIMBOLO - Il simbolo della trasformazione è tutto lì, nel vetro e nel cemento di Porta Europa: opera modernissima che ospiterà gli uffici di Unipol, ancora in via di realizzazione, e che un po’ sembra voler richiamare il grande arco de La Défence, il quartiere degli affari di Parigi. Si tratta di un intervento molto discusso, contestato fin dalle sue origini nel 1985, che ancora oggi vanta numerosi detrattori, soliti inserirla di diritto nel catalogo dei «mostri edilizi». Al di là dei giudizi estetici, Porta Europa, ora che si sta pian piano definendo nelle sue parti principali, comincia a mostrare la sua funzionalità: quella di creare un ponte tra due zone della città finora separate da una grande arteria, come via Stalingrado. Lo conferma il presidente del quartiere San Donato, Riccardo Malagoli: «Quando sarà funzionante, attorno al 2011, rappresenterà una cerniera tra due aree prima distanti — spiega — Grazie a percorsi ciclopedonali sopraelevati si connetteranno via della Repubblica e via della Liberazione». E sopra il sottopasso dove scorre il traffico sorgerà una piazza-giardino: «Sarà un nuovo polo di aggregazione per i cittadini della Bolognina come per quelli di San Donato. Ai tempi, anche io mi opposi — ricorda Malagoli — Oggi, posso dire che si poteva costruire qualcosa di meno alto, meno impattante visivamente, più leggero. Ma non è così male». Il numero uno del Navile, Claudio Mazzanti, non usa mezzi termini: «Porta Europa, come tutta la zona attorno, non è altro che il risultato di un compromesso con i costruttori e i privati. Si poteva fare meglio, certo, dirlo è una banalità. All’inizio, addirittura, si voleva interrare via Stalingrado; poi, ci si rese conto che sarebbe stato impossibile. Lì sotto passa di tutto: un condotto Nato, la più grande fogna della città, le linee telefoniche — ricorda —. Ci fu un’asperrima battaglia sugli indici edificatori intorno a tutta la zona della Fiera. Poi, tra l’85 e il ’90, l’allora assessore Mazza riuscì a ridurli e quella che ci troviamo oggi è la soluzione migliore possibile».

LA CITTA' DI DOMANI - Un vecchio volantino nel cassetto di Malagoli racconta la «Città Domani» (così venne chiamato l’intervento di urbanizzazione) come «un progetto amico, intelligente e dedicato al futuro, nato con l’intenzione di migliorare in modo sostanziale questa parte della città». Tradotto in cifre su una superficie di 260 mila metriquadrati: 96 mila mq di edificato, di cui 52 mila ad uso residenziale, ossia 750 alloggi, 36 mila ad uso terziario (uffici e servizi), 8 mila ad uso pubblico (scuole, sedi quartiere, ecc.). Ma anche 70 mila mq di verde e 900 posti auto. «Questa zona è satura — sottolinea il numero uno del San Donato — qui l’espansione non è più possibile. Restano solo da ultimare le opere accessorie — spiega — per esempio, il Matitone (l’edificio-grattacielo in via della Repubblica), fu la prima opera costruita, ma solo oggi si stanno definendo le aree verdi e i percorsi pedonali». Molto, invece, c’è ancora da fare nella zona di competenza di Mazzanti. «Da un lato, stiamo procedendo alla riqualificazione degli edifici popolari più vecchi — spiega — dall’altro ci aspetta un grande lavoro su tutte le ex-aree industriali e ferroviarie come Casaralta, Sasib, Cevolani, Socomec, Bologna Motori e Petini». Sull’onda di quanto già fatto alle ex-officine Minganti di via della Liberazione e all'ex-Fervet, tra via Algardi e via Serlio: «In quest’ultimo caso, per esempio, ora abbiamo un albergo, un palazzo con appartamenti, un parco, parcheggi pubblici, piste ciclabili e un’area che in futuro potrà ospitare una scuola», sottolinea Mazzanti. La speranza è di veder partire presto i lavori: «Mi auguro che si inizi a costruire in tutte le aree entro questo mandato. Presumibilmente per vedere tutto finito ci vorranno dieci anni».

Micaela Romagnoli


La scheda

Dal Corriere della Sera

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