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mercoledì 27 maggio 2009

ROMA - Graffiti: tra vandalismo e cultura alternativa


I graffitari a Berlusconi: venga a vedere i nostri dipinti sono contro il degrado
Replica degli artisti di strada, che trovano un paladino Bossi li difende: «I muri sono i libri del popolo»
Mentre si discute sull'attacco di Berlusconi al degrado di Roma, c'è chi lavora per rispondere - con i fatti - alle accuse del presidente del Consiglio. E se per le strade gli addetti dell'Ama si affannano ad eseguire le direttive impartite lunedì dal sindaco della Capitale Gianni Alemanno (più pulizia, subito), c'è chi ricorda che il j'accuse del premier ha messo sotto i riflettori anche chi dipinge sui muri della città. I graffitari, meglio noti con il termine inglese «writers», si dicono preoccupati per le minacce di Berlusconi che prospetta il carcere «per chi deturpa i centri storici». In loro soccorso, inatteso, giunge l'intervento del leader della Lega, Umberto Bossi, contrario alla detenzione «perchè - afferma - un movimento politico fa anche le scritte sui muri, che sono i libri del popolo».

IN CELLA PER VANDALISMO - Bossi più a sinistra del Pd? «La questione ha poca importanza - dice un ragazzo romano che di spray e pennelli ha fatto quasi un mestiere - quel che conta è che ha detto una verità: i muri sono le nostre pagine, ci servono per raccontarci e raccontare». Ancora per poco. La minaccia di Berlusconi, infatti, non è che un sunto del nuovo decreto sicurezza - ora all'esame del Senato -, che prevede per chi imbratti beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati, il carcere da uno a sei mesi o una multa da 300 a 1000 euro. Se poi le scritte compaiono su superfici «di interesse storico o artistico» la reclusione può andare da tre mesi a un anno e la multa da 1000 a 3000 euro.

RISPOSTA IN VERSI - Loro, i graffitari, reagiscono con un invito: «Berlusconi venga a vedere i nostri lavori sui muri delle periferie, quelle pareti grigie e deturpanti che la giunta Veltroni ci aveva concesso». Nelle aree più degradate della Capitale, sostengono, le tag e i murales degli writers abbelliscono panorami altrimenti grigi e degradati. Certo, occorrerebbe definire meglio i limiti di questa forma d'espressione, ma i graffitari usciti alla luce del sole hanno già un loro codice etico.
I più noti, alla stregua di quanto accadde per alcuni grandi esponenti della pop art americana, sono passati dai tunnel della metropolitana alle gallerie d'arte, come Sten, giovane laureato romano, che espone in gallerie d'arte a Monti o in spazi polifunzionali queli Salotto 42 a piazza di Pietra. Lo stesso Sten, insieme alla compagna Lex (anche lei esponente della street art) si esibiscono in questi giorni - e fino al 31 maggio - nell'ambito di Box III, mostra collettiva di video arte e urban art in corso al Rialtosantambrogio: con i loro stencil, che sono come versi di una poesia urbana, decoreranno la facciata del centro sociale.

Dal Corriere della Sera

( nota di Skymino: secondo il mio modesto parere, si confonde sempre e dico SEMPRE l'arte Pop dei graffiti con chi semplicemente "TAGGA", fa tag sui muri dei palazzi, chi scrive AMORE MIO e chi W LA MAMMA. Bisognerebbe fare dei distnguo da parte di tutti, politici, ragazzi e grafitatri. Le TAG sono una pestilenza, un flagello, uno schifo, chi le fa andrebbe punito. Per il resto, se un graffito viene fatto su di un muro cieco e di poca importanza, ben venga, ma se il graffito mi viene fatto sul muro di un edificio pur brutto che sia, beh, mi spiace, ma lo considero puro vandalismo.)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come darti torto? Spesso mettono tutto sullo stesso piano.

Comunque li trovo tutti detestabili.

Arka